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Realizzare purpose e profitto nel retail alimentare

È la massimizzione del profitto il vostro unico scopo come organizzazione? Capire quali investimenti offrono il maggior ritorno finanziario?

Per molte insegne della grande distribuzione questa è una domanda nella quale si imbattono con sempre maggior frequenza. I ricavi e i margini possono continuare ad essere la priorità nella gestione aziendale, ma non sono più gli unici criteri su cui viene giudicato il “successo” di un amministratore delegato e di un’azienda. Ora, forse più che mai, l’attenzione e i dibattiti si concentrano sul modo in cui le aziende contribuiscono al di là della semplice spinta economica.

Prendiamo i risultati dell'ultimo studio della nostra serie RPI, ad esempio, in cui gli acquirenti dimostrano un crescente interesse per i problemi che si trovano al di fuori dell'esperienza considerata "principale" della distribuzione alimentare.

Da un punto di vista dell'assortimento, ad esempio, i clienti si concentrano maggiormente sulle offerte "varietà prodotti salutari" e "prodotti bio". Altrove, “impatto su ambiente e comunità” è visto per essere più influente di “qualità” o “relazione” quando si tratta di fiducia. Dalla sostenibilità al loro contributo alla comunità, i consumatori italiani sono sempre più attenti a come i retailer si muovono in questi ambiti, al pari, se non oltre, certi criteri più standard della distribuzione alimentare, quali prezzo, promozioni, varietà dei brand a scaffale.

Questi risultati, naturalmente, riflettono una tendenza più ampia dei consumatori in relazione alle scelte etiche e valoriali che le imprese conducono. Le aziende di tutti i tipi, e i retailer in particolare, ora si trovano sempre più giudicate sulla base dell’impatto che esse hanno nella società e nell’ambiente, e ciò accade sia da un pubblico interno che esterno.

All'esterno, la società nel suo insieme sta cominciando a chiedersi quale sia il ruolo delle grandi imprese e che impatto debbano avere nel mondo in settori quali l'ambiente, la salute, i diritti umani e lo sviluppo. I clienti e gli analisti vogliono sapere se c'è molto di più in gioco che un semplice profitto.Internamente, i dipendenti hanno iniziato a porre domande proprie. Sulla scia del Covid-19 e di un periodo di prolungata introspezione, molti lavoratori stanno iniziando a esprimere i loro sentimenti sul loro valore e scopo all’interno dell’ambiente lavorativo. Inoltre, sono desiderosi di sapere se le aziende per cui lavorano possono fare di più per la loro vita piuttosto che “solo” pagare uno stipendio ad ogni fine del mese – e questa domanda può esser ancor più rumorosa in quei settori in cui il lavoro è manuale e ripetitivo.

Queste questioni sono importanti, e per due motivi specifici. In primo luogo, il purpose paga; come indicato dal professor Raj Sisodia, le aziende che dimostrano un senso chiaro di scopo mostrano prestazioni finanziarie migliori di altre[1]. In secondo luogo, la crescita dei movimenti identificati come Quiet Quitting e Great Resignation mostrano come le aziende si trovano a dover affrontare il coinvolgimento dei dipendenti in modo completamente nuovo (partendo anche dal chiedersi se gli appellativi quite quitting/great resignation non siano limitanti alla comprensione del fenomeno che si cerca di descrivere).

Naturalmente, è in corso un sano dibattito su come un’azienda possa realizzare al meglio il proprio scopo. E anche se può essere un po' semplicistico farlo, credo che la maggior parte dell'argomentazione possa essere vista da due prospettive complementari:

  1. Un approccio sistematico, top-down, che assume una visione pluralistica del valore di un'azienda. Ciò richiede una prospettiva dall'alto verso il basso, in cui l'organizzazione decide sul valore che desidera contribuire alla società e quindi dà ai suoi dipendenti il potere di raggiungere tale scopo.
  2. Un approccio individualista, bottom-up, in cui l’organizzazione ascolta da vicino i valori della propria forza lavoro e pone quelli condivisi al centro della cultura aziendale. Si tratta di un approccio dal basso verso l'alto, che chiede cosa conta di più per i dipendenti e come l'azienda può diventare un veicolo per realizzare la propria visione.

Non credo che qui ci sia una risposta sbagliata o giusta. Ciò che funziona per un’azienda può essere del tutto inefficace per un’altra, e la natura del “purpose” come concetto è sufficientemente ampia da richiedere un approccio più sfumato – dove si considerano entrambi – piuttosto che scegliere solo l’opzione “A” o “B”.

Allo stesso tempo, credo che ci siano alcuni concetti chiave che le insegne che aspirano a mettere i Clienti al centro possono almeno tenere in considerazione.

Iniziamo chiarendo il focus al quale vogliamo rivolgerci: dalla "società nel suo insieme" ai due segmenti di pubblico specifici che a mio avviso sono più importanti per qualsiasi retailer quando si tratta di obiettivi specifici: clienti e i colleghi.

Concentrarsi su questi gruppi richiede due domande specifiche. La prima è semplice: “Cosa sta a cuore ai miei clienti?”. La seconda è un po' più complessa, ma non meno importante: "Possiamo avere un impatto su ciò che sta a cuore ai nostri clienti, collegandolo con ciò che è importante per i nostri dipendenti?".

Chiaramente, c'è il pericolo che la risposta alla seconda domanda sia un semplice “Sì”, che porterebbe il rischio di far cadere questo discorso in una semplice retorica sul “fare la cosa giusta”. Successivamente, se da un lato le aziende devono sempre più accettare che il lavoro non è e non sarà l’unica fonte di senso per la maggior parte degli individui (e allontanarsi rapidamente dall’illusione che lo sia), dall’altro il lavoro può comunque essere qualcosa che consente alle persone di apportare un cambiamento reale nelle aree che più li coinvolgono e fornire parte di quel senso. Ciò significa che si può ambire ad una trasformazione della cultura interna aziendale e quindi andare oltre a semplici slogan e manifesti comunicativi.

Dal punto di vista del cliente, questa trasformazione avrà la forma di cambiamenti tangibili che riflettono i loro valori. Questo è importante perché, come dimostrato ripetutamente dai nostri studi RPI, esiste un imperativo commerciale per soddisfare le aspettative dei clienti. Dal punto di vista di un dipendente, la trasformazione si presenterà come un'opportunità per ottenere di più dal proprio ruolo, fungendo da fattore motivante che alla fine determina un maggiore impatto per il retailer, mentre lo aiuta a crescere come professionista e appagare i propri valori come persona.

In che modo tutto questo si lega alla nostra serie RPI? Oltre ad alcuni dei punti di sostegno citati in precedenza, ritengo che la considerazione principale sia che l’RPI è sempre stato concepito come un meccanismo per il cambiamento culturale. Sì, ascoltando e rivelando le questioni che contano di più per gli acquirenti, serve come un modello per il successo commerciale. Ma fornisce anche un modo per monitorare la governance, e ci dice che le aziende possono impegnarsi per qualcosa di più mentre perseguono tale obiettivo.

Più di ogni altra cosa, le lezioni dell’RPI dimostrano che il profitto e il purpose non si escludono a vicenda. I retailer non hanno bisogno di rinunciare ai propri margini per offrire valore al mondo; il purpose è una misura additiva, non un compromesso. Ciò che devono fare è implementare il giusto framework per garantire che il focus su profitti e purpose sia in equilibrio. Per far ciò, ci sono tre passi da compiere.

  1. Investire nelle informazioni necessarie per scoprire ciò che i propri clienti apprezzano e su cui si preoccupano di più. Essere significativi per loro dipende prima di tutto dalla comprensione.
  2. Creare un chiaro collegamento tra le ragioni per cui i dipendenti scelgono di lavorare per la vostra organizzazione e ciò che conta di più per i clienti. Questo contribuirà a creare uno scopo più elevato per il vostro personale e un cambiamento tangibile e positivo per i vostri clienti.
  3. Identificare e implementare un sistema di gestione che consente di monitorare tali modifiche. Questo permetterà di conoscere l'impatto delle vostre azioni, stabilire le priorità per i miglioramenti e fornire al vostro management team informazioni chiave per governare e dirigere l’organizzazione.

Guadagnare denaro può essere ancora l'obiettivo principale, ma ciò non significa che non si possa farlo in modo connesso a ciò che sta a cuore a clienti e colleghi.

[1] Perché le aziende devono sfruttare il potere dello scopo – EY, 15th dicembre 2020

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